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I Libri candidati al Premio Strega: “Spatriati” di Mario Desiati e “Quel maledetto Vronskij” di Claudio Piersanti

Recensiamo per i nostri lettori altri due dei libri candidati alla LXXVI edizione del Premio Strega, della cui giuria l’Istituto Italiano di cultura di Mosca fa parte.

Si tratta di due romanzi per certi versi antitetici quanto alla tipologia di personaggi e alla tematica. Mario Desiati (n. 1977), scrittore e poeta pugliese che vive tra Roma e Berlino, ha esordito nel 2003 con il romanzo Neppure quando è notte. Nel libro che presentiamo mette in scena le mille complessità di una generazione irregolare, fluida, sradicata: la sua. Quella di chi oggi ha quarant’anni e non ha avuto paura di cercare lontano da casa il proprio posto nel mondo, di chi si è sentito un cittadino dell’Europa unita ma ha fatto fatica a trovare la propria identità.

Lo scrittore e sceneggiatore cinematografico Claudio Piersanti (n. 1954) ha esordito nel 1981 con il romanzo Casa di nessuno. Il suo ultimo libro racconta invece la storia di un amore profondo, tenace ed esclusivo tra un uomo e una donna che sono l’uno per l’altro il centro dell’esistenza, condizione assai rara in un’epoca dove l’instabilità dei rapporti sembra essere una condizione ineludibile.

Entrambi questi libri sono disponibili in formato digitale nella Biblioteca dell’IIC attraverso la piattaforma MLOL, e Spatriati anche in formato cartaceo.

Mario Desiati, Spatriati. Einaudi, Torino 2021

«‘Spatriato’ – spiega l’autore – è il participio passato del verbo spatriare, che sta per andar via o, come dice l’Enciclopedia Treccani, cacciare dalla patria. In alcuni dialetti meridionali, tra cui quello di Martina Franca in Puglia, ha altre sfumature, come incerto, disorientato, ramingo, stordito, senza arte né parte, in alcuni casi persino orfano: patria deriva dal latino e significa terra dei padri, dunque lo spatriato può anche essere chi è rimasto senza padre, o chi non l’ha mai avuto».

I protagonisti Claudia e Francesco sono appunto due ‘spatriati’, hanno un’identità fluida – politica, religiosa, sessuale – ma hanno anche una loro intrinseca idea di identità. Come in Leggenda privata di Michele Mari (Einaudi, 2017) il protagonista si rende conto di essere nato già in partenza sbagliato in quanto generato da una coppia che non avrebbe mai dovuto unirsi in matrimonio. L’amica Claudia capisce subito che per sopravvivere all’unione senza senso dei genitori e al complesso di Elettra nei confronti di Enrico, un padre eclettico e brillante, deve andarsene dal proprio paese. In tempi e modalità diverse, si lasciano alle spalle le loro fallimentari famiglie d’origine e fuggono dalla vita di provincia che li aspetterebbe nel paese del sud Italia dove sono nati: la loro idea di famiglia diventa quella di amicizia come viaggio insieme nella sperimentazione esistenziale e alla ricerca di identità.

Claudia e Francesco accettano entrambi e condividono il concetto che l’identità è un viaggio, è l’aspetto più intimo e profondo della nostra vita, è la nostra personalità continuamente in evoluzione a causa delle esperienze, delle letture, delle relazioni, delle influenze che entrano nella nostra vita.

Claudio Piersanti, Quel maledetto Vronskij. Rizzoli, Milano 2021

«Perdonami, sono tanto stanca. Non mi cercare». Solo questo lascia scritto Giulia, prima di scomparire nel nulla. E suo marito Giovanni, nella casa improvvisamente vuota, si sente un naufrago. Il loro è un amore fatto di piccole cose: la colazione al mattino, con le fette imburrate e la marmellata; un rapido bacio prima di andare al lavoro e un altro più lungo la sera, quando lui torna dalla tipografia con le dita sporche d’inchiostro; abbracciarsi in giardino, tra le rose che lei ha potato con cura. Dopo una vita insieme, non hanno ancora perso la voglia di farsi felici l’un l’altra. O almeno, così credeva lui. Adesso Giovanni, in cerca di risposte, guarda tra i libri di Giulia e dagli scaffali pesca il più voluminoso: Anna Karenina. Comincia a leggere. E si convince che sua moglie abbia trovato un altro uomo, un amante appassionato, un maledetto Vronskij. Geloso e amareggiato, si chiude in tipografia, deciso a creare una copia unica del capolavoro di Tolstoj: carta pregiata, copertina in pelle, nella speranza, un giorno, di farne il suo ultimo pegno d’amore per Giulia. Ma la vita non è un romanzo, e la spiegazione della scomparsa di Giulia è insieme più banale e più tragica. Quando il mistero si svela, Giovanni capisce che c’è sempre qualcosa che ci sfugge, e tutto ciò che possiamo fare è smettere di averne paura.

Per raccontare questo romanzo l’autore ha scelto tre parole: «La prima è ostinazione. La seconda è umiltà. La terza desiderio. I due protagonisti, una coppia affiatata e per nulla stanca di sé, vengono travolti da qualcosa di inatteso. Lei sceglierà di sparire, all’improvviso. Lui non la perseguita cercandola e interrogandola: la aspetta. Un’ostinazione che darà la sensazione di prolungare l’esistenza della sua compagna. L’umiltà dell’attesa, dell’accettazione dell’altro. Il desiderio reciproco inesauribile. La loro fedeltà non si basa su nessuna rinuncia: sono l’uno l’oggetto del desiderio dell’altra, e viceversa».