Recensiamo per i nostri lettori altri due dei libri candidati alla LXXVI edizione del Premio Strega, della cui giuria l’Istituto Italiano di cultura di Mosca fa parte.
Si tratta di due romanzi accomunati dal tema dei singoli destini umani all’interno della Storia: i loro protagonisti si trovano nel turbine di vicende storiche che condizionano fortemente le loro vite, i loro pensieri e i loro sentimenti. Per altri versi, sono due libri diversissimi, resi tali dal posto che ha in essi la dimensione macrostorica: opera sostanzialmente finzionale la prima, opera di accurata ricostruzione documentaria la seconda, trattano la Storia l’uno come sfondo della dimensione narrativa, l’altro come oggetto di profonda e sofferta riflessione.
Marino Magliani, Il cannocchiale del tenente Dumont. L’orma, Roma 2021
Nel 1800, Napoleone Bonaparte chiede ad una commissione scientifica di indagare su un significativo numero di soldati che avrebbe defezionato dopo la campagna d’Egitto. Tra le cause più importanti del fenomeno ci sarebbe una nuova droga per l’Europa dell’epoca: l’hascisc.
Travolti dalla battaglia di Marengo, combattuta il 14 giugno 1800 nel corso della seconda campagna d'Italia – «la battaglia che alle cinque era persa e alle sette era vinta» – tre soldati stanchi della guerra si lasciano alle spalle i suoi orrori, che la nuova droga a malapena riesce a rendere sopportabili: disertano e si danno alla macchia. Sulle tracce dei tre si mettono gli emissari del dottor Zomer, un medico olandese che ha orchestrato un singolare «esperimento sanitario» per indagare gli effetti della nuova sostanza. Smarriti in un paesaggio ligure che pullula di spie e uniformi ormai tutte indistintamente nemiche, Lemoine, Dumont e Urruti – un capitano erudito, un tenente sognatore e un rude soldato basco – incontrano sulla propria strada amori difficili, illusioni perdute e la gioia fisica del sole. Scopriranno così la libertà di scrollarsi di dosso la Storia per vivere finalmente una vita più umana e fatta di attimi.
È stato scritto che questo è un libro fuori moda, senza tempo e senza momenti avvincenti, e proprio per questo pregevole. Ciò che lo rende tale è una sapienza narrativa e descrittiva davvero rara: Marino Magliani crea una narrazione mossa e visionaria, alternando la velocità della grande avventura all’ampio respiro e alla lentezza della pittura di paesaggio.
Davide Orecchio, Storia aperta. Bompiani, Milano 2021
Un libro importante per capire la storia intellettuale dell’Italia novecentesca, narrata attraverso la vita di un esponente della generazione nata tra gli anni Dieci e Venti del secolo scorso, un personaggio immaginario che ha però molti punti di contatto con la reale vicenda del padre dello scrittore.
Lasciamo la parola a Davide Orecchio per presentare questo monumentale romanzo: «è l’esito di quasi vent’anni di pensieri e letture, di lavoro e scrittura. Ho cercato per quanto potevo di raccontare Pietro Migliorisi fino in fondo, dalla nascita alla morte. Un lungo viaggio non solo attraverso il fascismo ma molto più in là, nella transizione e poi nella repubblica, nel comunismo italiano e nella sua fine. Mi sembrava che, se un interesse poteva esserci nel compito che mi ero dato, stava proprio nella scelta di esporre l’intero percorso di un uomo del secolo scorso, e non solo una parte di esso, rilevando continuità e fratture, progressi e permanenze».
Il risultato è una narrazione profondamente lirica e nello stesso tempo precisamente storica, anche in virtù di un ampio commento finale che dà conto delle fonti usate (documenti pubblici e privati, testi editi o mai pubblicati, testi autobiografici del padre di Orecchio, poesie, articoli giovanili).
Lo stile di questo libro è quasi lo specchio delle fasi alterne attraversate dal protagonista: ora lirico ed elaborato, ora estremamente scarno e paratattico, dimostra una grande padronanza dei vari registri narrativi da parte di uno scrittore che ha raggiunto la sua piena maturità.